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Dal vivo e sulla carta. Sembra facile. In realtà fotografare un piatto di un
grande chef è difficile sia per il cuoco che per il fotografo. Lo confessa Clau-
dio Sadler, chef stellato milanese di adozione che ha pubblicato diversi libri
con le sue ricette sperimentate in 27 anni di lavoro (si possono assaggiare
al ristorante Sadler e al Chic’n quick, due luoghi della sua cucina in via
Ascanio Sforza a Milano). “Il piatto è la cornice di un quadro composto dai
colori che devono essere in armonia. Questo si deve “vedere” anche in un
libro. E non è facile. Per questo quando facciamo le foto per i libri usia-
mo prodotti veri. E come quando realizziamo un piatto per la tavola stiamo
molto attenti all’equilibrio delle tonalità. Perché un piatto si gusta prima di
tutto con uno sguardo. E questo deve arrivare al lettore.”
Ci sono degli abbinamenti che vengono male in foto?
Bisogna cercare sempre di non avere un colore che sia preponderante. Ma
che sia in accordo. E poi ci sono colori che non vengono benissimo. Quindi è
importante amministrarli nel modo migliore. Il senso di una foto in un libro
è riuscire a rendere il piacere di un piatto che in questo caso è solo visivo.
Questo comporta di trovare un punto di incontro con il fotografo. Dove sta
per arrivare al risultato migliore?
Noi ci adeguiamo alle sue richieste per esempio nella scelta dei colori. Ma
questa ricerca di un’immagine di un piatto per noi è lavoro e pensiero quo-
tidiano. Realizzare un piatto è come dipingere un quadro.
Ecco ci siamo. Cos’è per te la cucina?
Rispetto per la materia e un tocco di genio, fantasia e creatività. La forza di
un cuoco sta lì: stare attenti a quello che il cibo esprime, capirlo e valoriz-
zarlo. Per esempio la cipolla è un ingrediente molto semplice, e io ne ho
fatto un risotto. Inoltre ogni chef ha degli ingredienti che ama (o odia) da cui
si lascia ispirare.
Come ti viene in mente un piatto?
A partire dai prodotti della stagione. Ma anche da una mostra d’arte. Io mi
accendo con una forma, un colore, un’immagine che poi si trasforma in
sapore. Di solito penso a un ingrediente, disegno
la forma del piatto, poi coloro tutto con i pastelli…
È nato così, ad esempio, il San Pietro in padella
con crema di burrata, polvere di capperi e cime
di rapa.
I tuoi ingredienti preferiti?
Il pesce soprattutto. Ma anche i risotti.
Quelli che odi?
Il rognone, l’anguilla e le lumache.
I tuoi piatti più famosi…
La Padellata di crostacei, un piatto del 1996, il
salmone in crosta di rafano con semi di papa-
vero, degli anni ’90, e il riso nero con foglia d’oro
e spaghetti di calamaro allo zenzero, creato nel
2003. Ce ne sono tanti …
Progetti?
Sto scrivendo Il manuale dello chef nel quale vo-
glio dare consigli professionali agli amatori. Mi
piace molto, è diverso dallo scrivere ricette. Qui
si deve raccontare. È appassionante.
Prossime aperture di Sadler in giro per il mon-
do dopo Parigi e Tokio?
No, per ora no. Mi impegno nei due ristoranti mi-
lanesi. Non è un periodo facile come sappiamo
oggi in Italia.
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