EDITORIALE
I
Edo Prando
03
l ritratto è il genere fotogra co con più appassionati. Anche inconsapevoli. Il genitore
che fotografa il glio non sa di frequentare un genere fotogra co: semplicemente scatta
una foto per avere un ricordo. Tramandare il ricordo della persona ra gurata. Questa è,
da sempre, la funzione principale del ritratto, che esisteva prima dell’invenzione della fo-
togra a. Lasciare un segno tangibile del proprio passaggio ai posteri è desiderio di tutti.
Furono re, imperatori, personaggi importanti e pubblici i primi a essere ra gurati. Non
perché la gente comune non lo desiderasse. Ognuno di noi, nel suo piccolo, è re e im-
peratore. Ma ognuno di noi non ha i mezzi di re e imperatori. Lo scultore che scolpisce
il busto del personaggio importante, il pittore che ne dipinge il ritratto a sua maggiore
gloria futura è un professionista che deve essere pagato, spesso profumatamente. Prima
dell’invenzione della fotogra a pochi potevano permettersi uno scultore o un pittore. Per
questo le pinacoteche sono zeppe di personaggi famosi e ricchi. Possiamo vedere l’aspet-
to del Cardinal Federigo, non quello di Renzo Tramaglino. L’invenzione della fotogra a
ha permesso l’immortalità, almeno in e gie, a tutti. Già un decennio dopo l’annuncio
di Daguerre migliaia erano gli studi fotogra ci d’Europa e America. Il ritratto era la loro
attività principale. Altrettante migliaia di pittori poco versati nel ritratto trovarono nella
fotogra a la loro strada. Anche i meno abbienti, almeno una volta nella loro vita, poteva-
no posare davanti alla macchina fotogra ca; magari per un piccolo “formato gabinetto”,
circa 14x10 centimetri, o un più piccolo formato “carte de visite”. Poi venne Kodak con la
sua Box Camera e lo slogan “voi premete il bottone e noi facciamo il resto”. Fu un ulteriore
passo verso la di usione del ritratto, per lo più quello di famiglia. Con la sempre maggio-
re popolarità della fotogra a, il ritratto assunse signi cati diversi da quelli originari. Dal
desiderio del soggetto di acquisire un briciolo d’immortalità presso i posteri si passa al
desiderio del fotografo di acquisire immortalità con i propri scatti fotogra ci. Preferibil-
mente presso i propri contemporanei. Non è un caso che sempre più si parli di “opere” e
sempre meno di “ritratti”. Il ritratto è sinonimo di fototessera, l’opera ambisce per lo meno
alle pareti di una mostra. Oggi il ritratto è diverso da quello dei tempi di Daguerre. Così
come i suoi stilemi, i suoi tratti distintivi. Allora guardava alla pittura, oggi è più libero da
quei canoni. Il passaggio dalla fotogra a analogica a quella digitale ha abbattuto l’ultimo
muro che impediva l’accesso universale alla fotogra a e perciò al ritratto. Oggi non si
passa più attraverso i costi di sviluppo e stampa. Il ritratto, che rimane sempre il genere
più frequentato, si scatta, si guarda nel display della fotocamera, del telefonino e si condi-
vide nei social network. Il mezzo è il messaggio, predicava in tempi analogici il semiologo
McLuhan. Dalla voglia d’immortalità, espressa dal ritratto analogico, siamo passati, senza
accorgercene, a pretendere, con il ritratto fotogra co, il “quarto d’ora di celebrità” asserito
da Andy Wharol. Il passaggio che stiamo vivendo porterà certo a una nuova iconogra a
del ritratto, a stilemi più consoni al nostro tempo. Ma questa, avrebbe detto Kipling, è
un’altra storia. O un altro editoriale.
NEWS
04
Fotogra a le notizie
REDAZIONALE
03
Ritratto:
dunque sono
14
A modo mio, il volto,
la persona, ovvero il ritratto
18
Angelo Cozzi,
ritratti di gente famosa
20
Claudio Moschin,
una lunga esperienza sul campo
21
I ritratti
da voi realizzati
26
Orvieto Fotogra a:
the winner is…
28
Socializzare
= perdere tempo?
FILO DIRETTO
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Piccoli Annunci
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Taccuino
SOMMARIO
RITRATTO:
dunque sono
FOTO-NOTIZIARIO
Via Papa Giovanni XXIII, 45
20090 Rodano (Milano)
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Volturara Irpinia (Avellino)
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