Foto-Notiziario Maggio 2015 - page 80

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L’USO DELLE IMMAGINI
TROVATE “ANONIME” IN RETE
La nostra Legge sul diritto d’autore
permette l’uso delle immagini se que-
ste sono state pubblicate anonime.
FALSO.
O, meglio: mistificato.
Innanzitutto, la legge italiana sul diritto
d’autore parla di utilizzabilità delle foto-
grafie i cui esemplari siano stati diffusi
“anonimi”, ma solo fintanto che l’autore
non si sia rivelato. Ma soprattutto, la leg-
ge ipotizza l’anonimato quando gli “esem-
plari” della fotografia diffusi dall’autore
non riportino gli estremi dell’autore stes-
so; ma “esemplare” è un termine che si
riferisce alla copia fisica, cioè alla stampa
materiale che l’autore mette in circola-
zione. Le duplicazioni in Rete NON sono
“esemplari” dell’opera (come lo sareb-
bero delle stampe), e l’autore ha sempre
modo di dimostrare che - in origine - lui
ha posto in circolazione “esemplari” ac-
compagnate dal suo nome, ma che ne
sono stati privati da successive, volontarie
azioni di omissione.
“Immagini trovate anonime”
Esistono immagini fotografiche libera-
mente utilizzabili, a patto che si citi il
nome del loro autore.
VERO.
L’autore delle immagini è pienamente
libero, se lo desidera, di concedere l’u-
tilizzabilità delle sue fotografie. Per farlo
indica esplicitamente questa facoltà, so-
litamente ricorrendo a una licenza Crea-
tive Commons (vedi il sito globale https://
creativecommons.org/ e, per lo specifico
magine riporta l’indicazione di una licen-
za CC o similare, è utilizzabile. TUTTE le
altre immagini, non accompagnate da
una licenza che le renda esplicitamente
utilizzabili, sono da considerarsi - di de-
Le “leggende metropolitane” sulle immagini in Internet
L
a Rete ha dischiuso opportunità di
interazione e di diffusione assoluta-
mente impensate e impensabili, portan-
do la fotografia alla ribalta della scena
mondiale, come vero linguaggio univer-
sale. Ma al contempo ha fatto nascere
vere e proprie leggende metropolitane
fra i semplici utilizzatori. Iniziamo, in
questa prima puntata, a dissipare i dubbi
più frequenti sull’utilizzabilità delle foto-
grafie trovate in rete, e anonime.
Le immagini che si trovano in Rete sono
liberamente utilizzabili, poichè sono di-
sponibili pubblicamente.
FALSO.
È una leggenda metropolitana.
Ciò che si trova in Rete non è libera-
mente riutilizzabile, a meno che l’autore
stesso non abbia espressamente indica-
to che desidera e permette che ciò av-
venga, alle condizioni da lui specificate
(e fatti salvi alcuni casi eccezionalmente
circoscritti di immagini destinate all’in-
segnamento). In nessuna legislazione
mondiale il riutilizzo delle opere è reso
lecito a fronte della semplice pubblica-
zione in rete; trovi una raccolta di leggi
sul diritto d’autore a questo link: www.
tauvisual.com/copyrightlaws/leggi.htm
Le immagini che si trovano su Google
sono utilizzabili, perché liberamente
accessibili a livello planetario.
FALSO.
Innanzitutto, “Google” non è nè un luogo,
nè un recipiente di contenuti, ma solo il
tramite tecnico a cui si accede a conte-
nuti di terzi. La ricerca di immagini tra-
mite Google può essere fatta filtrando in
origine i risultati sulla base dell’esisten-
za - o meno - di una licenza “Creative
Commons” (o altre simili) che permetta
l’uso a specifiche condizioni.
La pagina nella quale Google stesso
spiega la cosa è questa:
fault - come protette da diritto d’autore.
Esiste modo di tracciare le copie indebi-
te di un’immagine diffusa in rete.
VERO.
Esistono due strade:
a) Watermarking invisibile
Attraverso la marchiatura invisibile di
ogni singola immagine, prima che venga
pubblicata. Questa tecnica (e non i loghi
semi-trasparenti) è il vero “watermark”,
cioè di marchio invisibile. Ne sono un
esempio Digimarc (il cui lettore è pre-
sente di default nei filtri di Photoshop),
come anche soluzioni come SignMyI-
mage, Vericuff, eccetera. Viene inserito
un codice univoco che identifica l’autore
(una sorta di “targa”) in ciascuna sua
immagine. Per tramite di questo codice
tracciante - uguale in tutte le immagini
dell’autore - si risale agli usi in rete, per-
mettendo di individuare quelli indebiti.
b) Fingerprint
La seconda strada, che sta assoluta-
mente prendendo maggiormente piede,
è quella sfruttata dalle applicazioni che
permettono la ricerca delle immagini
creando, per ciascuna immagine, un
“fingerprint”, cioè un’impronta caratte-
ristica delle immagini. Quindi, ciascuna
immagine ha un suo “codice” traccian-
te, che permette di trovare le immagini
simili in Rete. Si tratta di algoritmi di
“reverse research” che stanno alla base
di Google Images (ben noto a tutti), ma
anche di Tineye (i primi ad avere divul-
gato il sistema, ancor prima di Google;
Tineye è tutt’ora molto efficiente per le
immagini tratte da agenzie stock di im-
magini), o i servizi anche a pagamento
di
,
ghunter.com/en/,
der.com/ e altri.
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