Foto-Notiziario Maggio 2015 - page 79

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la troviamo non nella meta ma in tutto quello che succede nel tragitto,
gli imprevisti e l’aspettativa di cosa troveremo. Infatti quando mi hanno
chiamato da Las Vegas chiedendomi di mandare un video per la serata
delle premiazioni ero molto felice ma non è nemmeno paragonabile ai
momenti di insana follia che provavamo nel realizzare il lavoro stesso.
Quest’anno speravo di poter partecipare al Wppi, mi ero già fatto un bel
trip tra giri con un Big-Twin nella Death Valley e chiacchierate con gli
amici ma poi le cose sono andate diversamente. Considero questi rico-
noscimenti importanti, visto che si parla di confronti internazionali, ma
non li prendo mai troppo sul serio. Per mia natura ho sempre denigrato
chi si propone meglio di altri solo per delle medagliette, scusate il ter-
mine, ma in alcuni periodi dell’anno mi viene veramente la nausea; allo-
ra mi chiederai perché l’hai fatto, proprio per poter dimostrare che non ci
baso un marketing su questo e che non mi piace assolutamente chi lo fa.
Nella PWS hai piazzato tre album ai primi tre
posti, il risultato ti ha sorpreso oppure te
lo aspettavi?
Beh, il Triplette è una bella soddisfazione, sono rimasto stupito ma come
diceva Eraclito devi volere l’impossibile perché accada. Scherzi a parte,
ricevere il messaggio dal mio amico Salvatore Dimino dalla Grecia (che
effettivamente mi porta una gran fortuna) è stato uno spasso. Avevo par-
tecipato con i tre album di Vegas e in quella manifestazione si sono piaz-
zati benissimo, questo anche perché chiaramente al Wppi ci troviamo di
fronte a circa 15.000 opere divise in varie categorie, al Pws circa 1.500.
L’aspetto che mi ha colpito nelle ultime edizioni è stata l’altissima qualità
delle immagini singole dei fotografi orientali.
Molti colleghi saranno curiosi di sapere con
che attrezzature lavori e qual è il tuo mo-
dus-operandi...
Questo è divertente perché proprio qualche giorno fa ho fatto una “zin-
gara” sullo stile di amici miei dicendo che avevo la Canon 5D mark 4, per
poi far riflettere che non abbiamo così bisogno di accessori. Comunque
la mia borsa cambia molto in base al tipo di lavoro, può essere come
l’ultimo servizio realizzato a Ginevra che sia fatta da una folding camera
e pellicole piane 7x10 ma queste sono eccezioni. Di solito lavoro con due
corpi identici, Canon 5D mark 3, che noleggio annualmente. Le ottiche
preferite sono il 24 1.4 e l’85 1.2 ovviamente Canon, ma oltre a questo
cerco di avere sempre il 50, il 70-200/ e altre in base a come mi immagi-
no la giornata. Ho sempre con me Flash/Telecomandi e luci led, perché
non sappiamo mai in che situazioni ci troveremo ma in un modo o l’altro
dobbiamo portare a casa il servizio.
In che modo ritieni che vivere in Toscana ab-
bia influito sulla tua preparazione e sul tuo
modo di interpretare la fotografia?
La Toscana, che pensavo all’inizio fosse un limi-
te per il mio lavoro di fotografo, mi ha ripagato
ampiamente. Chiaramente mi ha agevolato per
un mercato sul quale volevo entrare ma la mia
preparazione, che è tuttora in corso di evoluzio-
ne e definizione, si è basata più sul vissuto nel-
le notti tra locali e chiaccherate con gli amici.
Conoscere artisti e lasciarsi contaminare dalle
loro idee. Leggere di tutto anche se la lettura
dei manga giapponesi rimane la mia preferita.
Infatti mi ricordo una citazione bellissima, di un
jazzista di cui mi sfugge il nome, diceva: “se vuoi
migliorare come musicista devi prima migliora-
re come uomo”. Questo credo che si possa adat-
tare con il termine di fotografo.
Quanto ti avvali di collabo-
ratori e quanto sono impor-
tanti per te?
Lo psicologo conta? Scherzi a parte…. Il nostro
studio nei prossimi anni dovrebbe evolversi e
lasciare molto più spazio ai miei collaboratori
e vorrei poterli chiamare soci. Sul lavoro di-
ciamo che in alcuni casi sono da solo o con un
assistente ma alle volte ci troviamo anche ad
andare tutti per le necessità dell’evento. In sin-
tesi voglio dire che sono molto importanti so-
prattutto perché possiamo avere uno scambio
di opinioni e far sì che non mi rinchiuda da solo
di fronte a un monitor, che per il mio carattere
sarebbe insostenibile, per adesso. Tra tutti un
grazie, oltre a Paola, Federico ed Elisa, va ad
Elena che ormai sono circa 15 anni che mi sup-
porta e soprattutto sopporta.
Che consigli ti senti di dare
ai fotografi che hanno ini-
ziato da poco a fotografa-
re matrimoni e cosa invece a
quei colleghi che lo fanno da
tanto tempo e sono alla ri-
cerca del salto di qualità?
Direi che per chi inizia adesso magari è ancora
in tempo a ripensarci! Scherzi a parte, credo che
ci sia una parola che possa esprimere tutto: “Au-
tocritica”. Parlo con diversi colleghi ma soprat-
tutto noi matrimonialisti pensiamo di conoscere
quando in realtà non sappiamo niente: cosa vo-
gliono i nostri clienti, cosa vorranno vedere i loro
figli e cosa è etico? Visto che ho la presunzione
di pensare che le nostre fotografie potranno in-
fluenzare in piccola parte le nuove generazioni,
ovvero, almeno quelle dei nostri clienti e fare
delle foto “buone e belle” è
importante.
Se non sappiamo risponde-
re a queste domande credo
che sia meglio pensare a
cambiare lavoro.
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