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Sono partito con un gruppo di volontari, da
Milano per l’ Irpinia per dare una mano.
Ma visto che la mia partecipazione non era
così fondamentale ho preso la Nikon FE
che avevo con me. Più una Pentax K 1000
caricata con del Kodachrome 25” e ho iniziato
a scattare”. Oggi però l’attualità non lo
interessa. “Perché io voglio raccontare la
mia storia. La storia degli altri come fatto di
cronaca non lo coinvolge”. Lo stesso vale per
i ritratti. “Nei miei io non colgo l’anima delle
persone. Non credo sia possibile. I miei sono
autoritratti. Io uso le persone. Una volta ho
fatto un ritratto a Ferragamo e ho inquadrato
solo i suoi occhi. Raccontavano molto del suo
potere. Ma nella mia fotografia non ci sono
mai pregiudizi. La mia storia non c’entra. Il
L’INCONTRO
mio linguaggio è tutto per me, non importa
il soggetto”. E aggiunge polemico: “Ora c’è
un software che crea il linguaggio: Adobe
Photoshop....”. La postproduzione aiuta a
rendere ogni foto un capolavoro. “Ma in realtà
le foto oggi sono facili da fare, anche per gli
strumenti che si hanno, a partire da cellulari
superevoluti. Ma il valore aggiunto è sempre
l fotografo. Il suo background. Ci vuole una
storia legata a un pensiero. E a una propria
visione del mondo”. In più io sono convinto
che conta più quello che fai quando scatti:
infatti io dico che la fotografia è un gerundio:
fotografando”.
E siamo sempre lì. Pensiero, studio,
elaborazione, conoscenza, senso critico, idee,
curiosità. La solita pozione magica che dà un
Un’immagine del
reportage a
colori realizzato
da Efrem Raimondi
sul terremoto
in Irpinia