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IL PERSONAGGIO
di Osvaldo Esposito
NAPOLI E LE SUE SPOSE
La fotografia di matrimonio ha perso Oreste Pipolo, il suo
capo carismatico, lo “sciamano degli sposi” come lo definiva
Ferdinando Scianna. Senza di lui “il matrimonio non s’ha da fare”
C
i ha lasciato Oreste, lo specialissimo Oreste, il fotografo matrimonialista
più famoso d’Italia. Proprio lui, Oreste Pipolo, estroso ed eclettico perso-
naggio dall’indiscusso carisma, fautore dell’eleganza e della bellezza popo-
lare, lui che ha eletto la fotografia di matrimonio ad emblema del ricordo più
importante nella vita di coppia. Se n’è andato presto, aveva 65 anni e ancora
una grinta insormontabile, la stessa che ha accompagnato il suo percorso
storico sin dai primi anni ’70, quando cominciò a rivoluzionare il mestiere
del fotografo di matrimonio. I suoi esordi lo vedono in azione come fotografo
di scena presso il teatro Politeama di Napoli. Qui Oreste ha imparato l’arte
della scenografia, delle luci soffuse, degli spot accesi, della tridimensiona-
lità dell’immagine, offerta al suo obiettivo, in uno spazio ridotto, ma con una
profondità ineludibile. In scena Oreste ha personalizzato i dettagli composi-
tivi che negli anni a seguire hanno poi caratterizzato l’ecletticità del suo stile.
In quegli anni era solito prendere una boccata d’aria, accompagnandola a
un caffè, seduto al tavolino di uno dei più famosi bar cittadini: Ciro a Mergel-
lina, sul marciapiedi, davanti al litorale dove le famose bancarelle vendono
i taralli con la birra. Qui i napoletani erano soliti fare la passeggiata della
domenicamattina. Al suo tavolino Oreste Pipolo sorseggiava il caffè in com-
pagnia della sua preziosa agenda, dove segnava tutti gli appuntamenti che
gli chiedevano sempre più di sovente i passanti, richiamati dall’eco della sua
fama. Era un artista Oreste Pipolo, ma il teatro lo aveva vissuto osservando-
lo, non recitando. La sua era l’arte di strada, classica dei napoletani di una
volta. Come ricorda sua figlia Miriam, si incon-
trava spesso con altri artisti come Tullio De Pi-
scopo o Enzo Paolo Turchi con cui aveva diviso i
banchi di scuola alle elementari, o con Massimo
Ranieri, amico d’infanzia nelle scorribande nei
vicoli di Napoli.
Pipolo era elegante. Portava spesso un fazzoletto
nel taschino della giacca e occhiali sfarzosi, tal-
volta colorati. Quel suo “ufficio primordiale” al ta-
volino del bar Ciro divenne, dopo le innumerevoli
richieste di amici e parenti, a un vero e proprio
studio, aperto nel cuore della Napoli più popola-
re, in via San Giovanni a Carbonara, a due passi
dall’abitazione di Tullio De Piscopo, dove si respi-
rava la vera arte di strada, mischiata ai colori e
agli odori della pizza verace. Qui Oreste si è fatto
conoscere, qui accoglieva gli sposi che venivano
subito catturati dalla sua teatralità. Ferdinan-
do Scianna lo ha definito “sciamano degli spo-
si”, perché possedeva il segreto di imprigionare
le immagini dei giorni e momenti migliori, per
sottrarli alla maledizione della morte. Gli sposi
pendevano dalle sue labbra: Oreste dava consi-
gli sul trucco, sull’abito, sulla cerimonia, su tutto
quello che il grande giorno avrebbe dovuto rap-
presentare per la coppia. Loro accettavano senza
cedimenti, sicuri di aver affidato la memoria del
giorno più bello nelle mani di un grande maestro.
Scianna racconta della sua visita a Napoli, ospi-
te sul vespino di Pipolo, in un turbinio di sposta-
menti tra ben tre matrimoni in contemporanea,
routine quotidiana per un artista che non avrebbe
mai potuto lasciare i suoi sposi completamente
nelle mani di un collaboratore senza apporre il
suo timbro indelebile. Nei suoi reportage c’era la
firma dell’estro partenopeo.
Quando arrivava Pipolo a casa della sposa gli in-
vitati anticipavano la visita per vederlo all’opera.