di me. La fotografia mi permette di esprime-
re le mie inquietudini.
Tu sei anche un architetto:
quanto conta questo
background?
Molto. Innanzitutto per le location dove scat-
to, quasi sempre case o luoghi abbandona-
ti che trovo grazie a questo lavoro. Spesso
sono spogli ma pieni di suggestione. Tra i
detriti e le crepe cerco di portare alla luce
un dialogo intimo, ad una voce, come direb-
be Francesca Woodman. Inoltre, in archi-
tettura, come in fotografia, la luce gioca un
ruolo fondamentale. Non scatto quasi mai
con luce artificiale.
I tuoi scatti sembrano
dipinti d’altri tempi,
hanno un che di intimista
e poetico: cosa raccontano?
Le mie foto sono molto emotive, e intime.
Hanno un ruolo catartico e credo rifletta-
no la mia inquietudine. Le atmosfere sono
sempre silenziose e lontane nel tempo.
Raccontano di una calma disperazione, del-
la difficoltà di raccontare me stessa attra-
verso un dialogo silenzioso e dolente con il
mio inconscio. Ci sono dei temi ricorrenti,
gli specchi, in cui non ci si riflette, dove l’im-
magine viene cancellata. Oppure l’immagine
che, moltiplicata, testimonia le nostre mol-
teplici identità. Così come le Ofelie, le mie
donne muoiono, per rinascere diverse, per
rigenerarsi e ritrovarsi nel cambiamento.
Spesso sono nude, a volte solo velate, sem-
pre immerse in un dialogo con se stesse.
Chi sono queste donne?
Potrei rispondere che sono me. Io ritraggo
sempre e solo me stessa. Qualcuno ha det-
to che
“alcuni fotografi guardano la camera
come se fosse una finestra, altri come se
fosse uno specchio”
. Io sono tra questi ulti-
mi. L’unica cosa che mi interessa è che ab-
biano qualcosa nello sguardo, che si portino
dentro un velo di malinconia.
Come mai ha scelto la moda
come campo d’azione?
È stata la moda a scegliere me. Erika Cavalli-
ni, stilista di Semi-Couture, un giorno ha visto
una mia foto in cui la modella indossava un
suo abito. Si è incuriosita e mi ha contat-
tata. Ho scattato per lei la campagna per il
prossimo Autunno/Inverno e ora mi accingo
a scattare l’estivo 2014. Abbiamo anche co-
struito un progetto insieme: “amabili resti”.
Erika ha dovuto abbandonare la sua casa
in seguito al terremoto che ha colpito l’Emilia a maggio del 2012.
Quando me l’ha mostrata, resa inagibile dal sisma, ho visto e sen-
tito la sofferenza per l’evento e il distacco che ne è seguito. Le ho
così proposto di costruire un viaggio all’interno di questa casa e di
documentare tutto questo.
Hai dei tuoi punti di riferimento
in ambito fotografico, dei maestri
a cui ti ispiri?
Certo. Anni fa al Mart di Rovereto mi sono imbattuta per caso in un
libro monografico di Francesca Woodman: è stato amore a prima vi-
sta. Non sapevo nulla di lei, ma in pochi giorni ho acquistato diversi
libri e letto la sua biografia. Le sue foto, e le poche note scritte, mi
hanno conquistata. Poi adoro il lavoro di Paolo Roversi, di Deborah
Turbeville, e Sarah Moon. Mi piacciono quegli artisti per cui la foto-
grafia di moda è solo un pretesto per parlare della femminilità.
Anni fa poi, mi sono imbattuta nel lavoro di Luigi Ghirri. Adoro le sue
atmosfere rarefatte, e rimango incantata ogni volta che vedo le sue
foto dello studio di Giorgio Morandi. Un vero poeta.
Progetti per il futuro?
Continuare la mia ricerca. Ho in mente un progetto in cui sono coin-
volte più donne e che mostri diverse sfaccettature della femminilità.
A settembre poi ci saranno due mostre. Una nella mia città - Bassa-
no del Grappa - e una legata a un evento di Semi-Couture.