Foto-Notiziario Maggio 2015 - page 30

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di Bianca Astrid Bemori
COME FAR RINASCERE
UN’OPERA D’ARTE
Il fotografo toscano Aurelio Amendola ha sviluppato una
particolare sensibilità per il mondo della scultura. Ha ritratto
i più grandi maestri, tra i quali Michelangelo
L’INCONTRO
I
l caso. Ancora una volta. E pure la passione.
Che c’entra sempre, secondo me. Aurelio
Amendola diventa il fotografo degli artisti
per queste ragioni. Soprattutto. Come è
successo a molti, non se lo immaginava
neppure quando frequentava quel bar del
suo amico a Pistoia che organizzava mostre,
che sarebbe arrivato a raccontare alcuni
capitoli fondamentali della storia dell’arte
con i suoi scatti e le sue luci. In realtà
qualche avvisaglia c’era. Aveva scelto come
suo luogo preferito la chiesa di Sant’Andrea
a Pistoia: da bambino saltava a cavalcioni
dei leoni del pulpito di Giovanni Pisano, da
adulto ci andava a pensare e ad ammirare
quel capolavoro di scultura del 1300. Che
diventa amore di lunga durata e il soggetto
del suo primo libro di fotografia, pubblicato
da Electa. Da allora la corsa a racconatare la
scutura prende il via. E dura ancora, oggi. Fa
rivivere con le sue luci Jacopo Della Quercia,
Donatello, Canova. Ma i suoi soggetti preferiti
sono da sempre, i marmi di Michelangelo di
cui, dichiara «divenni un suo amico, ci parlo
e catturo la vita insita nel marmo». Ma in
compagnia della sua Hassemblad intrepreta
anche Marino Marini, che è stato il biglietto
da visita per entrare in contatto con Alberto
Burri, di cui ha raccolto in pellicolo tutto il
percorso creativo. “La cosa più importante
con lui è stata la nostra amicizia. Vent’anni.
Abbiamo anche girato il mondo insieme... Mi
Alberto Burri
in azione
durante una
“combustione
plastica”,
1976. Foto
di Aurelio
Amendola,
Collezione
Fondazione
Cariplo
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