Foto-Notiziario Maggio 2015 - page 41

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Che tipo di attrezzatura usi?
Lamia primamacchina fu una Rolleiflex 6x6 per-
ché volevano che imparassi con quella; l’inizio
fu difficoltoso, ma me la sono cavata e la fatica
è stata ripagata dalla preparazione professionale
che ho acquisito. A partire dai mondiali di Francia
del ‘98, iniziai ad usare il digitale che mi costò al-
lora ben 28milioni di lire con il primo corpoCanon
digitale e da allora in poi non ho più cambiato. Io
ho sempre utilizzato apparecchiature Canon, ma
parecchi dei miei fotografi usano Nikon.
Che evento ti è rimasto nel
cuore tra tutti quelli che
hai seguito?
Porto nel cuore il mondiale di Messico ‘86: mio
padre era scomparso due anni prima, in quel
periodo io ero a militare e non avevo molta vo-
glia di partire per questo evento. Invece quella
fu un esperienza molto importante: 50 giorni
in Messico per una rivista che si chiamava Gol
Flash diretta allora da Enrico Crespi. Ammirare
da vicino l’Argentina di Maradona e il Brasile di
Socrates, vedere dal vivo e vivere il quotidiano
con i giocatori facendo parte del gruppo della
nazionale fu un esperienza lavorativa impegna-
tiva, ma bellissima. Si seguiva la partita, poi si
tornava al centro stampa dove si sviluppavano
e tagliavano i negativi, quindi si correva all’aero-
porto alla ricerca di connazionali diretti in Italia
per affidare loro la busta contenente gli scatti
da portare in patria; a questo punto si chiama-
va l’agenzia e si cercava di descrivere il “postino
occasionale” in modo tale che potessero indivi-
duarlo all’uscita dell’aeroporto. Era tutto basato
sulla fiducia…. In una partita si usavano inmedia
40-50 rullini. Quando si portavano a sviluppare
i rullini, la Kodak o la Fuji regalavano dei rulli
nuovi da utilizzare; io ero partito con 5.000 pelli-
cole e sono rimpatriato con 5.000… Peccato che,
al rientro in Italia, un finanziere scrupoloso mi
fece aprire tutte le pellicole a una ad una… quasi
due ore per scartarle… Altra grande esperienza
fu quella vissuta accanto a mio fratello che fu
per 25 anni il fotografo ufficiale dell’Inter ed io…
la sua spalla. Aneddoti da raccontare, se mio
fratello fosse ancora in vita, ce ne sarebbero
tanti da poter scrivere un libro. Era facile creare
legami ed amicizie; per esempio mi ricordo che
una volta, tornando da Pisa dopo una partita,
avevo perso il treno perciò Walter Zenga, con cui
sono ancora in ottimi rapporti, mi diede un pas-
saggio in macchina… Devo dire che in macchina
con lui non salirò mai più, andava più veloce del
treno! Nel corso degli anni abbiamo visto di tut-
to, avremmo potuto sfruttare il gossip ma ci sia-
mo sempre fatti gli affari nostri; le richieste dei
giornalisti e delle agenzie erano pressanti, ma
gli scoop non ci sono mai interessati e poi era una questione di rispetto; la
serietà professionale, per me e mio fratello, era fondamentale e i dirigenti
sportivi si fidavano di noi. Ci è addirittura capitato di avere in casa la Coppa
Uefa del ‘90 perché all’aeroporto i tifosi, al colmo dell’entusiasmo, avevano
assalito la squadra; il presidente ci diede la coppa che aveva nascosto in
un sacco nero dicendoci di portarla poi il giorno successivo in società. Ar-
rivati a casa, ci scattammo alcune foto accanto alla coppa, probabilmente
sono le uniche che io e mio fratello abbiamo fatto insieme.
Quali sono gli sport più impegnativi da foto-
grafare?
Ci occupiamo di tutti gli sport: calcio, basket, pallavolo, ciclismo, Olimpia-
di, Formula Uno ecc… adesso seguiamo anche il basket in carrozzina che
è praticato da mio figlio. Le maggiori difficoltà secondo me si incontrano
nello sci e nel ciclismo perché bisogna essere davvero bravi e le difficoltà
sono molte. Centrare le due porte con lo sciatore nel mezzo non è faci-
le, bisogna cogliere l’attimo. In Italia, per esempio, ho collaborato con un
grande fotografo di sci, Martinuzzi (famoso fotografo di Tomba). Penazzo
e Galimberti erano, invece, fenomenali nel ciclismo. Negli anni 70-80 non
era facile scattare foto con una 6x6 stando seduti dietro una moto e doven-
do anche ricaricare la macchina magari sotto la pioggia. Non bastava la
bravura del fotografo, occorreva anche un sincronismo perfetto con il mo-
tociclista per non finire per terra. L’Italia deve essere orgogliosa dei suoi
fotografi: ce ne sono tanti che magari non sono noti al grande pubblico,
ma sono di una bravura eccezionale.
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