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UN PASSO NELLA STORIA
alla fotografia, sviluppando subito l’idea che
essere fotografo volesse dire fornire una
testimonianza critica della società nella
quale si vive. Ecco che i suoi primi soggetti
incarnano ambienti e vita dell’Italia del
dopoguerra: le periferie milanesi, la Stazione
Centrale e gli amici del Bar Jamaica.
“Non sono stato neanche un dilettante
fotografo, la prima foto che ho fatto l’ho subito
venduta. Ero uno studente, bivaccavo quasi
sempre in quella specie di caffè che era allora
il Jamaica, una latteria dove si riunivano dei
pittori. Qualcuno m’ha prestato una vecchia
macchina e mi ha detto: ‘Un centesimo e
undici al sole, un venticinquesimo cinque-sei
all’ombra’. E io, con un’enorme diffidenza, ho
preso in mano questa macchina”.
Nel frattempo approda a Milano anche la
sorella di Ugo, Maria Mulas. In principio si
dedica alla pittura, ma alla metà degli anni
sessanta il suo interesse artistico vira verso
la fotografia, che rimarrà per sempre il suo
mezzo espressivo per eccellenza. Per una
decina di anni si dedica alla raccolta delle
immagini offerte dalla capitale lombarda,
spinta da un impulso simile a quello del
fratello, alla ricerca dei cosiddetti “riti sociali”.
Ritratto di Ugo Mulas,
fotografato da Antonia Mulas
Ugo Mulas, The Hand of Lucio
Fontana Throwing Stones, 1966,
gelatin silver print.
(Photo- Ugo Mulas,
© Archivio Ugo Mulas, Milan)