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La sua la prima esposizione è del 1976, una
personale presso la Galleria Diaframma di
Milano, alla quale ne seguirà un’altra alla
Galleria del Milione di Ferrara.
Ma ora passiamo a Nini, Antonia Buongiorno,
venuta a mancare lo scorso 21 aprile. Nel ‘58
i due si incontrano per caso al Bar Jamaica
e subito scatta la scintilla. Nini, oltre a
diventare a breve moglie di Ugo, si rivela
anche compagna del mestiere, affiancando il
marito nella gestione di uno studio fotografico
professionale. Sono ormai gli anni ‘60 e le
carriere fotografiche dei tre Mulas sono
ormai ben avviate. In questi anni Ugo ha già
realizzato il suo primo reportage, pubblicato
su “Le Ore”, sulla Biennale di Venezia.
Sono questi gli anni nei quali collabora con
il famoso regista teatrale Giorgio Strehler,
grazie al quale pubblicherà le fotocronache
“L’opera da tre soldi” e “Schweyck nella
seconda guerra mondiale”. Si dedica inoltre
alla realizzazione di un reportage dedicato
alla scena artistica italiana e internazionale
conoscendo, nell’occasione di un festival di
scultura a Spoleto, Alexander Calder e David
Smith sui quali pubblicò due raccolte.
Ma il suo rapporto di lavoro e piacere
con l’arte era appena cominciato: nell’estate del ‘64, al consueto
appuntamento con la Biennale di Venezia, Mulas incontra la Pop Art.
Qui riesce a prendere contatto con mercanti d’arte e critici che gli
faranno strada nel panorama artistico newyorkese durante il suo
primo viaggio negli Stati Uniti. Frank Stella, Roy Lichtenstein, Marcel
Duchamp, Andy Warhol, John Cage. Da tutto questo nasce il suo
resoconto “New York: arte e persone”.
Gli anni Sessanta sono anche segnati dalla nascita delle due figlie di
Nini e Ugo, una delle quali diventerà fotografa. Ecco che il gene torna
alla carica. Arriva infine il 1973, Ugo Mulas muore prematuramente,
lasciando una scia di tumulto emotivo sulla famiglia e sull’intera città
di Milano. Ma i Mulas non si danno per vinti e riprendono a lottare
imbracciando le macchine fotografiche. Nini si rimbocca le maniche
e mentre cresce due figlie sviluppa un ampio progetto sul Muro di
Berlino, pubblica una raccolta per Einaudi San Pietro ed espone al
Mart di Rovereto una serie di ritratti. Negli anni Ottanta si dedica
alla fotografia di architettura e alle campagne pubblicitarie per Fiat,
Poltrona Frau e Olivetti.
“La fotografia è modo per guadagnarmi da vivere, un mezzo terapeutico
per tirar fuori rospi, per misurarmi”.
Oggi Nini e Ugo non ci sono più, ma il loro gene resiste, forte. Melina,
loro figlia, tramanda la tradizione di famiglia lavorando sodo. Qualche
anno fa ha sviluppato un lavoro stupefacente sul popolo e la cultura
tibetana. “Il terzo occhio” è il nome della pubblicazione che raccoglie
innumerevoli testimonianze dei Lama tibetani più rilevanti, sparsi per
tutto il mondo. Il gene “Mulas” è tutt’oggi una realtà e ci auguriamo non
scompaia mai, continuando a raccontare luoghi, società, arte e vita.
Ugo Mulas, Circus Calder