15
D
al vivo e sulla carta. Sembra facile. In realtà fotografare un piatto di
un grande chef è difficile sia per il cuoco che per il fotografo. Lo con-
fessa Claudio Sadler, chef stellato milanese di adozione che ha pubblicato
diversi libri con le sue ricette sperimentate in 27 anni di lavoro (si posso-
no assaggiare al ristorante Sadler e al Chic’n quick, due luoghi della sua
cucina in via Ascanio Sforza a Milano). “Il piatto è la cornice di un quadro
composto dai colori che devono essere in armonia. Questo si deve ‘vedere’
anche in un libro. E non è facile. Per questo, quando facciamo le foto per
i libri, usiamo prodotti veri. E come quando realizziamo un piatto per la
tavola stiamo molto attenti all’equilibrio delle tonalità. Perché un piatto si
gusta prima di tutto con uno sguardo. E questo deve arrivare al lettore.”
Ci sono degli abbinamenti che vengono
male in foto?
Bisogna cercare sempre di non avere un colore che sia preponderante.
Ma che sia in accordo. E poi ci sono colori che non vengono benissimo.
Quindi è importante amministrarli nel modo migliore. Il senso di una
foto in un libro è riuscire a rendere il piacere di un piatto che in questo
caso è solo visivo.
Questo significa trovare un punto
di incontro con il fotografo. Dove si trova,
per arrivare al risultato migliore?
Noi ci adeguiamo alle sue richieste per esempio nella scelta dei colori.
Ma questa ricerca di un’immagine di un piatto per noi è lavoro e pensiero
quotidiano. Realizzare un piatto è come dipingere un quadro.
Ecco ci siamo. Cos’è per te la cucina?
Rispetto per la materia e un tocco di genio, fantasia e creatività. La forza di
un cuoco sta lì: stare attenti a quello che il cibo esprime, capirlo e valoriz-
zarlo. Per esempio la cipolla è un ingrediente molto semplice, e io ne ho
fatto un risotto. Inoltre ogni chef ha degli ingredienti che ama (o odia) da
cui si lascia ispirare.
Come ti viene in mente
un piatto?
A partire dai prodotti della stagione. Ma anche
da una mostra d’arte. Io mi accendo con una
forma, un colore, un’immagine che poi si tra-
sforma in sapore. Di solito penso a un ingre-
diente, disegno la forma del piatto, poi coloro
tutto con i pastelli… È nato così, ad esempio, il
San Pietro in padella con crema di burrata, pol-
vere di capperi e cime di rapa.
I tuoi ingredienti preferiti?
Il pesce soprattutto. Ma anche i risotti.
Quelli che odi?
Il rognone, l’anguilla e le lumache.
I tuoi piatti più famosi…
La Padellata di crostacei, un piatto del 1996, il
salmone in crosta di rafano con semi di papave-
ro, degli anni ’90, e il riso nero con foglia d’oro e
gli spaghetti di calamaro allo zenzero, creato nel
2003. Ce ne sono tanti …
Progetti?
Sto scrivendo “Il manuale dello chef” nel quale
voglio dare consigli professionali agli amatori.
Mi piace molto, è diverso dallo scrivere ricette.
Qui si deve raccontare, è appassionante.
Prossime aperture di
Sadler in giro per il mondo
dopo Parigi e Tokio?
No, per ora no. Mi impegno nei due ristoranti
milanesi. Non è un periodo facile come sappia-
mo oggi in Italia.