di Nicola Ostano
ALLA SCOPERTA
DELL’OLIO ITALIANO
Come sta il condimento più usato dagli italiani (e non solo)?
Qui lo scoprirete. Anche se tra gioie e dolori
(come l’annata del 2014), rimane un ingrediente di alta qualità
L’INGREDIENTE
L
o usiamo tutti i giorni o quasi. Ma se chiedessimo a 100 italiani come si
chiamano i fiori dell’ulivo quanti saprebbero rispondere con il termine
corretto mignole? Pochissimi, c’è da scommettere. La disinformazione
sul condimento che rende la cucina italiana leggera e salutare, soprat-
tutto a paragone dei nostri vicini nordeuropei che prediligono i grassi ani-
mali, regna sovrana. E la malapianta della disinformazione ha prodotto
nel tempo frutti velenosi, come la grandissima quantità di prodotti poco
trasparenti o addirittura contraffatti in toto. Il problema, quando si parla
di olio italiano, è riconducibile al fatto che la domanda interna è già da
sola “eccedente” le possibilità produttive del Paese. Di conseguenza, le
aziende di produzione e confezionamento si sono trovate nella condizio-
ne di dover importare materia prima estera per creare dei “blend”, con
un procedimento peraltro perfettamente legale. Ancora di più in annate
disastrose come quella del 2014, in cui una serie di eventi climatici e la
diffusione di un parassita chiamato mosca olearia, ha portato alla perdita
del 60% della raccolta di uliva, cifra che a seconda delle fonti sale addirit-
tura fino all’80-90% soprattutto in Regioni come l’Umbria. Questo quadro
sembra aver inciso profondamente sulla fiducia dei consumatori italiani,
come emerge chiaramente dai dati diffusi da Assitol (la branca di Fede-
ralimentare che riunisce i produttori di olio) relativi a novembre
scorso, che dichiarano come il 2014 sia stato una delle annate
più disastrose per l’olio italiano sotto il profilo della produzione,
della commercializzazione e purtroppo anche degli scandali che
hanno funestato il settore. Le vendite sul mercato nazionale hanno
infatti segnato un – 3,8% rispetto a novembre 2013. Ma sono i dati
interni al segmento dell’extravergine (che nel complesso arretra
dell’1,3%) a far scattare un campanello d’allarme.
“All’interno del segmento extra – spiegano da Assitol -, risul-
tano positive le vendite del biologico (+ 55,7%) e
delle DOP/IGP (+ 54,5%), mentre sono in contra-
zione le vendite dei blend (- 2%) e soprattutto del
“100% italiano” (- 6,4%)”. Insomma, per conqui-
stare la fiducia del consumatore una generica
certificazione di italianità non basta più. Sfiducia
ancora più radicata nel mercato delle esporta-
zioni, che nel complesso registra un aumento
del 2%ma che vede un arretramento proprio del
segmento più alto di gamma, quello dell’extra.
Un meno 4% rispetto a novembre 2013, trainato
proprio dal crollo del DOP/IGP e del 100% ita-
liano, quasi dimezzati in quantità, a fronte del-
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