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Anima allo specchio

By   /   12 giugno 2013

Tra poesia, introspezione e moda: a tu per tu con Monia Merlo, nuovo talento fotografico scoperto da Vogue Italia

9Raccontare se stesse e le proprie inquietudini, attraverso suggestioni visive dal sapore poetico e intimista: è questo il fil rouge che ripercorre l’opera di Monia Merlo, fotografa dotata di uno sguardo drammatico ed emotivo nei confronti dell’universo femminile. Entrata nel mondo della fotografia di moda circa un anno fa, grazie a Vogue Italia, conta adesso un portfolio di oltre 300 foto, un contratto con l’agenzia Art+Commerce e due campagne per Semi-Couture, brand made in Italy, creato dalla stilista Erika Cavallini. Vista la curiosità destata da queste figure misteriose ritratte nelle immagini di Monia, ho pensato bene di scoprire qualcosa in più, sia sulla loro identità, che sull’artista e donna, soprattutto, che si cela dietro l’obiettivo della macchina fotografica.

Come ha avuto inizio la tua avventura con Vogue? Un anno fa, in modo del tutto casuale, grazie a un’amica che mi ha parlato di PhotoVogue, canale online di Vogue Italia dedicato alla scoperta di nuove eccellenze in campo fotografico. Dopo aver proposto alcune foto, una di queste è stata selezionata tra le Best of e messa sull’home page. Ad agosto dello scorso anno ho partecipato ad un concorso, sempre di Vogue Italia: Blue@Vogue. La mia foto ha vinto con altre 19 ed è stata esposta alla mostra/evento legata al concorso. Dopo pochi giorni è cominciato il mio lavoro con l’agenzia fotografica Art+Commerce.

Dove trai ispirazione per le tue foto? Dalla letteratura, dalla poesia, dall’arte,  dal cinema, ma soprattutto da ciò che sta dentro di me. La fotografia mi permette di esprimere le mie inquietudini.

Tu sei anche un architetto: quanto conta questo background? Molto. Innanzitutto per le location dove scatto, quasi sempre case o luoghi abbandonati che trovo grazie a questo lavoro. Spesso sono spogli ma pieni di suggestione. Tra i detriti e le crepe cerco di portare alla luce un dialogo intimo, ad una voce, come direbbe Francesca Woodman. Inoltre, in architettura, come in fotografia, la luce gioca un ruolo fondamentale. Non scatto quasi mai con luce artificiale.

I tuoi scatti sembrano dipinti d’altri tempi, hanno un che di intimista e poetico: cosa raccontano?
Le mie foto sono molto emotive, ed intime. Hanno un ruolo catartico e credo riflettano la mia inquietudine. Le atmosfere sono sempre silenziose e lontane nel tempo. Raccontano di una calma disperazione, della difficoltà di raccontare me stessa attraverso un dialogo silenzioso e dolente con il mio inconscio.
Ci sono dei temi ricorrenti, gli specchi, in cui non ci si riflette, dove l’immagine viene cancellata. Oppure l’immagine che, moltiplicata, testimonia le nostre molteplici identità.
Così come le Ofelie, le mie donne muoiono, per rinascere diverse, per rigenerarsi e ritrovarsi nel cambiamento. Spesso sono nude, a volte solo velate, sempre immerse in un dialogo con se stesse.

7Chi sono queste donne?
Potrei rispondere che sono me. Io ritraggo sempre e solo me stessa. Qualcuno ha detto “Alcuni fotografi guardano la camera come se fosse una finestra, altri come se fosse uno specchio”. Io sono tra questi ultimi. L’unica cosa che mi interessa è che abbiano qualcosa nello sguardo, che si portino dentro un velo di malinconia.

Come mai ha scelto la moda come campo d’azione? È stata la moda a scegliere me. Erika Cavallini, stilista di Semi-Couture, un giorno ha visto una mia foto in cui la modella indossava un suo abito. Si è incuriosita e mi ha contattata. Ho scattato per lei la campagna per il prossimo Autunno/Inverno ed ora mi accingo a scattare l’estivo 2014. Abbiamo anche costruito un progetto insieme: “amabili resti”. Erika ha dovuto abbandonare la sua casa in seguito al terremoto che ha colpito l’Emilia a maggio del 2012. Quando me l’ha mostrata, resa inagibile dal sisma, ed ho visto e sentito la sofferenza per l’evento e il distacco che ne è seguito, le ho proposto di costruire un viaggio all’interno di questa casa e di documentare tutto questo.

Hai dei tuoi punti di riferimento in ambito fotografico, dei maestri a cui ti ispiri? Certo. Anni fa al Mart di Rovereto mi sono imbattuta per caso in un libro monografico di Francesca Woodman: è stato amore a prima vista. Non sapevo nulla di lei, ma in pochi giorni ho acquistato diversi libri e letto la sua biografia. Le sue foto, e le poche note scritte mi hanno conquistata. Poi adoro il lavoro di Paolo Roversi, di Deborah Turbeville, e Sarah Moon. Mi piacciono quegli artisti per cui la fotografia di moda è solo un pretesto per parlare della femminilità. Anni fa poi, mi sono imbattuta nel lavoro di Luigi Ghirri. Adoro le sue atmosfere rarefatte, e rimango incantata ogni volta che vedo le sue foto dello studio di Giorgio Morandi. Un vero poeta.

Progetti per il futuro?
Continuare la mia ricerca. Ho in mente un progetto in cui sono coinvolte più donne e che mostri diverse sfaccettature della femminilità. A settembre poi ci saranno due mostre. Una nella mia città – Bassano del Grappa – e una legata a un evento di Semi-Couture.

(rosella degori)

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