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Denis Curti

By   /   1 maggio 2013

Il direttore dell’agenzia Contrasto ci spiega cosa significhi veramente, secondo lui, essere fotografi al giorno d’oggi

Denis CurtiStorico della fotografia, direttore dell’agenzia Contrasto e Vicepresidente della Fondazione Forma di Milano. Denis Curti, nella nuova sede di Contrasto, ci spiega cosa significhi veramente, secondo lui, essere fotografi al giorno d’oggi.

In questo momento storico è corretto pensare che si possa sopravvivere proponendo solo lavori di qualità oppure è necessario pensare anche ad altre strategie? 
Contrasto ha iniziato da tempo un processo di diversificazione del business. Se prima il core business era prevalentemente orientato al mercato editoriale, ora sono entrati anche altri mercati. Oltre all’advertising, che ci accompagna da sempre, la novità più importante è quella rappresentata dal corporate e quindi dai progetti speciali. Ci occupiamo di raccontare il mondo della produzione. Per esempio siamo reduci dal progetto di Alta Gamma, che aveva la necessità e il desiderio di celebrare i vent’anni della propria attività e ci ha chiesto di fotografare tutte le 84 aziende che raggruppa. I nostri fotografi , otto di Contrasto e due di Magnum, hanno girato l’Italia in lungo e in largo per raccontare queste aziende. Partendo da questi shooting è stata realizzata una mostra, esposta in Triennale a Milano, che ora girerà il mondo con l’obiettivo di raccontare il Made in Italy. È stato anche realizzato un libro per Rizzoli International. Possiamo dire quindi che i nostri fotografi hanno trovato una sorta di nuova specializzazione. Ovviamente teniamo vivo il network di Contrasto, che continua a essere un’agenzia di fotografi. Abbiamo anche aumentato la presenza di giovani molto bravi, che lavorano in partnership tra loro e che ci aiutano ad attualizzare l’agenzia. È un momento sicuramente diffi cile, i giornali non sono tanto alla ricerca di qualità, ma di quantità. Il mercato dell’editoria segna un ritardo enorme sulla rete. Nel mercato dell’editoria online le gallery e le fotografi e occupano una parte davvero importante e, con molta misura, c’è spazio per farne del business.

Avete ancora tempo da investire nello scouting?
Non abbiamo mai smesso di fare scouting. La curiosità è sempre al primo posto del nostro operare e l’attività di scouting è al primo posto. Io per primo giro nei festival, facciamo portfolio reviews anche qui a Forma, siamo sempre alla ricerca, anche sui social network. Sempre più spesso mi capita di trovare delle storie meravigliose e dei fotografi molto bravi. Vorrei un po’ smentire che la sovrapproduzione generata dal digitale produce schifezze, non è per niente vero. Mai come oggi vedo così tante storie, magari con una composizione diversa da quella tradizionale che si faceva un tempo, ma che mi piace molto e mi affascina.

Con la mostra Fashion avete indetto anche un concorso per giovani talenti, come sta andando?
Sto guardando con attenzione le produzioni che mandano e sono davvero notevoli. Trovo che in giro ci sia della gente brava, lo vorrei dire proprio così. Sono un po’ infastidito da chi sente come eccessivamente concorrenziale la produzione dei molti. Non serve nessuna patente per fare il fotografo, come non serve per fare il pittore o il musicista. Da dove arriva questa presunzione che per fare il fotografo bisogna essere professionisti? Abbiamo esempi strepitosi, anche in epoca pre-digitale, pensiamo a Giacomelli che faceva il tipografo e il campeggiatore
ed è stato il più grande fotografo che abbiamo avuto in questo paese.

Monica Papagna

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