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Fotografia e rivoluzione

By   /   2 maggio 2013

Tina Modotti racconta la storia in immagini. Una passione nata dell’infanzia che rimase un po’ sotto la cenere. Fino all’ incontro con il grande fotografo Edward Weston

Tina Modotti - photo Edward Weston Tina Modotti ovvero la fotografia al servizio degli ideali e della storia. Lo zio Pietro, proprietario di uno studio fotografico a Udine fece scoppiare la scintilla. A 37 anni va a San Francisco dove  lavora in una fabbrica tessile e prende parte al fermento culturale americano, diventa attrice e conosce il pittore Roubaix de l’Abrie Richey, detto Robo, con cui ha una relazione che la porta ad incontrare altri artisti e intellettuali. Robo, muore di vaiolo durante un viaggio in Messico e Tina lo raggiunge per i funerali. Qui si innamora del Messico. Poco dopo inizia una relazione con il fotografo Edward Weston che l’aveva fotografata, ammaliato dalla sua bellezza. Con lui decide di tornare in Messico e si trova durante la rivoluzione messicana per ottenere la Costituzione. Grazie agli insegnamenti di Weston diventa una buona fotografa e inizia a esporre le proprie foto. Con il suo nuovo compagno Xavier Guerrero aderisce al Partito Comunista e inizia immortalare i lavoratori, contadini e operai. Da allora per lei fotografia sarà anche l’impegno politico. Nel 1930 Tina viene accusata di aver partecipato ad un attentato contro il nuovo capo dello Stato ed espulsa dal Messico. Decide di partire per l’Europa e approda a Mosca, luogo in cui allestisce la sua ultima esposizione. Ottiene la cittadinanza russa e diventa membro del partito. Da quel momento abbandona la fotografia e decide di dedicarsi al Soccorso Rosso Internazionale, soccorso ai perseguitati politici, che condivide con il suo compagno Vittorio Vidali.

Woman of Tehauntepec carrying jecapixtle - 1929La rivoluzione fa parte della sua vita quindi non appena scoppia la guerra civile spagnola si precipita a Madrid insieme a Vittorio. In Spagna si occupa degli ospedali e dei profughi. È ricercata dalla polizia fascista quindi impossibilitata a tornare in Italia. In quel momento, però, il nuovo presidente messicano Lazaro Cardenas annulla l’espulsione di Tina e altri esuli, così lei e Vitali possono tornare in Messico.
Il 5 gennaio del 1942 Tina muore di infarto in un taxi che la stava portando a casa dopo una cena con amici. La stampa cerca di trasformare la morte di Tina in un delitto politico e attribuisce la responsabilità a Vittorio Vidali. 

Pablo Neruda dedica una poesia alla morte di Tina, mettendo così a tacere le polemiche:
… sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l’anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.

 

Per saperne di più: www.comitatotinamodotti.it

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